- Comunicati Stampa ·
Luogo
Organizzatore
Athenaeum NAE
Phone
065812049Website
https://www.athenaeumnae.it/Data
Ora
Progetto
Incontro/dibattito con Alessandra Mauro, Direttore editoriale “Contrasto”
Regia: Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado
Sceneggiatura: Juliano Ribeiro Salgado, Wim Wenders, David Rosier
Produzione: Brasile, Francia, Italia – 2014 – Documentario
Fotografia: Hugo Barbier, Juliano Ribeiro Salgado
Da quarant’anni il fotografo Sebastião Salgado attraversa i continenti sulle tracce di un’umanità in pieno cambiamento e di un pianeta che a questo cambiamento resiste. Dopo aver testimoniato alcuni tra i fatti più sconvolgenti della nostra storia contemporanea – conflitti internazionali, carestie, migrazioni di massa – ha intrapreso di recente un grande progetto fotografico alla scoperta di territori inesplorati, di luoghi dalla fauna e dalla flora selvagge, panorami straordinari, che costituisce il suo omaggio alla bellezza del Pianeta. La vita e il lavoro di Sebastião Salgado’s raccontati da suo figlio Juliano, che lo ha accompagnato nei suoi ultimi viaggi, e dal regista, e fotografo egli stesso, Wim Wenders.
Juliano Ribeiro Salgado è nato a Parigi nel 1974, dove è cresciuto in un ambiente franco-brasiliano. Nel 1996 ha realizzato il suo primo documentario Suzana, sul tema delle mine anti-uomo in Angola. Successivamente ha girato documentari in Etiopia, Afghanistan e Brasile. Contemporaneamente ha collaborato con le televisioni “Canal+” in Francia e “TV Globo” in Brasile, per le quali ha realizzato diversi reportage.
È poi entrato nella London Film School, dove si è diplomato nel 2003
È autore di un gran numero di corti e documentari per Arte e ha partecipato a molti festival internazionali (tra cui Hot Docs in Toronto and Le Festival Dei Populo in Florence).
Attualmente lavora al suo primo lungometraggio girato a San Paolo in Brasile.
Wim Wenders è nato a Düsseldorf nel 1945. Dopo aver studiato prima medicina e poi filosofia per qualche anno, e un periodo trascorso a Parigi studiando pittura, ha frequentato l’Università di Televisione e Cinema di Monaco da 1967 al 1970. Tra i più importanti interpreti della scuola del “Nuovo Cinema Tedesco” degli anni Settanta, nel 1971 è stato tra i fondatori della casa di distribuzione tedesca “Filmverlag der Autoren” e, nel 1975, ha dato vita a una propria casa di produzione: la “Road Movies”.
Oltre alla regia di film d’autore, Wenders si dedica da sempre alla fotografia e la sua intensa visione di paesaggi deserti e sconfinati è strumento evocativo di viaggi in una dimensione al tempo stesso spaziale e temporale. Le sue raccolte fotografiche “Pictures from the surface of the Earth” e “Places, strange and quiet” sono state esposte in musei e istituzioni d’arte in tutto il mondo. Ha pubblicato inoltre diversi libri di saggi e fotografie.
È membro dell’Academy of Arts Berlin dal 1984. Ha ricevuto il dottorato ad honorem all’Università della Sorbona di Parigi nel 1989, alla Facoltà di Teologia dell’Università di Friburgo (1985), all’Università di Lovianio (2005) e all’Università di Catania (2010). È socio fondatore e presidente dell’European Film Academy e membro dell’ordine Pour le Mérite. Ha pubblicato con Mary Zournazi Inventing Peace, I.B. Tauris, Londra.
Ha terminato di recente il suo secondo film 3D (il primo è stato quello dedicato all’artista, ballerina e coreografa tedesca Pina Bausch) Every thing will be fine con James Franco, Charlotte Gainsbourg e Rachel McAdams.
Vive a Berlino, con sua moglie, la fotografa Donata Wenders.
Recensione
Fin dall’inizio, Wenders ha esplorato le possibilità di contaminazione tra immagine cinematografica e quella reale. In che misura un’istantanea confluita in un’opera di finzione può salvaguardare la propria purezza? Nei documentari dedicati alla musica, Buena Vista Social Club, L’anima di un uomo e il bellissimo Pina 3D è iniziata la sua ricerca sull’arte, culminata in questo Il sale della terra. Wenders rende impercettibile la sua presenza, rimarcando la distanza tra il regista-documentarista e il soggetto-fulcro. Il suo è un omaggio ma anche un atto d’amore verso l’altrui arte.
Quella di Salgado è un’avventura partita da una casualità (la sua prima macchina fotografica professionale apparteneva a sua moglie), grazie ad una semplice foto alla propria amata, fascinazione sin dal principio consapevolezza artistica. Nel suo linguaggio Salgado instaura una partecipazione spirituale con i soggetti ritratti, un filtro che materializza una dimensione di sacrale bellezza, un tentativo di comunicare l’indicibilità della tragedia che non sappiamo vedere, dove l’istinto dell’artista ha sempre la meglio sulla comunicazione pedagogica terzomondista.
Con il veloce susseguirsi dei suoi lavori, Salgado si è trovato forse inconsciamente in cerchi concentrici esploranti condizioni umane di coloro che l’autore chiama “il sale della terra”: gli esseri umani. Persone immortalate in disparati angoli del mondo, prevalentemente vittime non solo di sistemi socio-economici poco equi ma assorbiti, vincitori e vinti, dalla terra e dalla natura che ci pervade. Tornato, dopo una vita apolide, a vivere in natie terre brasiliane, decide per la prima volta di spostare il baricentro della sua opera: con l’intento di comporre una memorabile lettera d’amore alla Terra, sprigionando emozioni in un’ottica più ottimistica ma con uno sguardo non antropologico ma emozionale.
(sintesi da Diego Capuano, su Ondacinema webzine)
Note di regia
«Quasi un quarto di secolo fa avevo comprato due stampe di un fotografo di cui non conoscevo bene il nome. Le avevo appese sopra la mia scrivania, e sentivo che quelle due foto mi parlavano. Da allora, il nome di Salgado mi è diventato familiare. Salgado mi ha mostrato il suo lavoro, ho potuto dare un primo sguardo al progetto di Genesis, sono rimasto colpito dalla sua dedizione e dalla sua determinazione. Ci siamo visti di nuovo, scoprendo la nostra comune passione per il calcio, e poi cominciando a parlare di fotografia in generale. Un giorno Sebastiao mi ha proposto di unirmi a lui e a suo figlio per seguirli in un’avventura su cui desideravano avere un punto di vista diverso, esterno. Abbiamo scelto insieme, in base ai racconti di Sebastiao, seguendo un ordine cronologico, e vivendo momenti di grande emozione perché alcune di quelle immagini erano profondamente scioccanti e riportavano l’autore dentro atmosfere drammatiche che aveva vissuto, ma non certo dimenticato». (Wim Wenders)