Luogo
Organizzatore
Athenaeum NAE
Phone
065812049Website
https://www.athenaeumnae.it/Data
Ora
Progetto
Regia: Marco Leopardi
Autori: Ludovica Jona, Marta Zaccaron e Marco Leopardi
Ricercatrice: Ludovica Jona
Montaggio: Giorgio Milocco
Musiche: Rosario di Bella
Suono: Francesco Morosini, Matteo De Angelis
Produttore: Marta Zaccaron
Produzione: Quasar Multimedia
Mohamed è un giovane ragazzo africano che vive alla periferia di una grande città europea, si mantiene facendo lavori saltuari e vive i un appartamento assieme ad altre 5 persone. È uno dei tanti immigrati arrivati in Europa attraverso la “porta Sud”: il Mediterraneo. Apparentemente è un ragazzo come tanti, ma la sua storia ha dell’incredibile. Mohamed infatti, è arrivato in Italia – e precisamente a Lampedusa – dopo un viaggio spaventoso: è rimasto per quasi una settimana in mezzo al Mar Mediterraneo (tra la Libia e la Sicilia) aggrappato ad una tavola di legno.
È l’unico sopravvissuto tra le 47 persone che sono partite con lui, su un gommone di trafficanti di uomini. Nei sei giorni di viaggio, ha visto impazzire, rassegnarsi, lasciarsi andare e morire, tutti i suoi compagni di viaggio uno ad uno. Tutte le imbarcazioni incontrate mentre il gommone cominciava ad imbarcare acqua e poi a sfaldarsi, si erano allontanate alle loro richieste di aiuto. Tranne una, quella di Vito Cittadino, un brioso e coraggioso capitano Mazarese, che ha salvato Mohamed, quando ormai era in fin di vita. Mohamed ha poi ottenuto il permesso umanitario come rifugiato in Italia, ma non trovando lavoro è andato in Francia, da alcuni parenti. Lì però non avrebbe il permesso di lavorare. Il capitano Vito ricorda che questo salvataggio è stato davvero un caso, un miracolo. A quel ragazzo pensa spesso: dice che è stato il più speciale dei salvataggi. Quel giovane è come un figlio, perché è come se Vito gli avesse dato la vita: “È una fortuna trovare una persona così: prima di tutto per lui che si è salvato, ma anche per me, che mi sento come graziato da Dio, perché è stato come se attraverso di lui io avessi fatto un miracolo!” Il capitano, venuto a conoscenza della difficile situazione attuale del ragazzo, tramite dei conoscenti comuni, lo ha invitato a raggiungerlo a Mazara del Vallo, e gli ha promesso di insegnargli il mestiere di pescatore e tenerlo a lavorare con sé.
Note di regia
Il documentario racconta la storia di Mohamed e Vito sono raccontate attraverso le loro voci narranti e in presa diretta. Le voci fuori campo sono preponderanti rispetto alla presa diretta che è invece privilegiata quando i protagonisti esprimono contenuti importanti o di particolare coinvolgimento emotivo. Il documentario si avvale di differenti tipologie di immagini. Il racconto dell’oggi (il viaggio, gli ambienti famigliari e lavorativi, l’incontro) è descritto con una fotografia molto vicina ai personaggi, ma che allo stesso tempo valorizza anche gli ambienti e i luoghi dove si svolgono le azioni. Questa scelta prevede l’uso della macchina a mano e del cavalletto. Nella scena conclusiva sono state usate due telecamere, necessarie per seguire meglio entrambi i protagonisti. Più complesso l’uso delle immagini necessarie a sostenere i ricordi del tragico naufragio. Indispensabile è stato il ricorso a immagini di repertorio (relative ai salvataggi in mare e agli sbarchi degli immigrati) necessarie per dare un volto concreto al dramma dei viaggi della speranza. Ma altrettanto importanti sono le immagini evocativo-simboliche (non retoriche), capaci di dare spessore a sensazioni, stati d’animo, ricordi. Riguardo a quest’ultima modalità, alcune inquadrature sono state realizzate sott’acqua. Immagini subacquee fisse in campo largo. Fondali, pelo dell’acqua, sole e imbarcazione visto dal fondo sono capaci di evocare il luogo dove sono morte migliaia di persone, la loro tomba comune. Il silenzio del mare visto da sott’acqua rappresenta la metafora di molta umanità che non ascolta il dolore degli altri. Altre immagini evocative straordinariamente significative sono quelle dei resti delle imbarcazioni usate per i viaggi della speranza riprese nei depositi di Pozzallo. Anche gli oggetti personali dei naufraghi sono importanti elementi per ricordare gli accadimenti.
Informazioni di background
Mazara del Vallo è una cittadina della Sicilia orientale che vive essenzialmente di pesca e possiede la più importante flotta di pescherecci d’Italia. È uno dei luoghi più meridionali d’Europa e per la sua posizione “di confine” ha un’architettura caratterizzata dall’influenza di diverse culture. Conserva tracce ancora evidenti della dominazione araba soprattutto nel centro storico, chiamato “Kasbah”, con vicoli stretti e tortuosi e case con il cortile interno. In tempi recenti, Mazara del Vallo è nota per l’alto livello di integrazione sociale degli immigrati tunisini arrivati negli anni ’60, che ora costituiscono circa la metà dell’equipaggio degli oltre 350 pescherecci mazaresi. Si pratica la pesca con le reti a strascico restando in mare dai 30 ai 40 giorni di seguito, intorno all’isola di Lampedusa e al confine con le acque territoriali della Libia e della Tunisia. Nel canale di Sicilia spesso s’incrociano barconi carichi di migranti africani in un viaggio pericolosissimo. Secondo l’osservatorio Fortress Europe, al 1988 almeno 15.566 giovani sono morti nel mar Mediterraneo nel tentativoo di raggiungere l’Europa. Imbarcazioni vecchie, di 7-8 metri, guidate da persone inesperte e troppo piene: fino a 300-350 persone. L’arrivo via mare degli immigrati in Italia ha avuto un picco nel 2008: sono stati 36.951 gli sbarchi totali (34.540 nella sola Sicilia). Si tratta di giovani provenienti soprattutto da paesi dell’Africa Subsahariana (Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Costa d’Avorio, Nigeria, Ghana, Mauritania). Molti di loro fuggono da guerre e dittature e chiedono asilo politico. Solo in seguito all’accordo del 2008 tra l’Italia e la Libia, che prevede respingimenti in mare da parte delle motovedette dei due paesi, senza offrire ai migranti la possibilità di chiedere asilo, il numero degli sbarchi è radicalmente diminuito. Secondo il ministero dell’Interno, dal 1° agosto 2009 al 31 luglio 2010, sono stati 3.499 i migranti sbarcati sulle coste italiane. Negli ultimi anni i pescatori di Mazara, hanno a volte trovato nelle proprie reti cadaveri o resti di abbigliamento dei naufraghi. Molti equipaggi di pescherecci mazaresi si sono resi protagonisti di salvataggi di emergenza a barconi, che con il mare in tempesta rischiavano di affondare. Questi pescatori hanno rischiato la vita in operazioni di trasbordo molto pericolose. Inoltre, ogni salvataggio determina per i pescherecci una perdita 2.000-3.000 euro (il costo del carburante e della giornata di lavoro persa) e non c’è alcun risarcimento pubblico. Nonostante la crisi del settore della pesca, molti pescatori di Mazara hanno portato a termine eroici salvataggi. Per questo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per I Rifugiati (UNHCR) ha nel 2006 istituito un premio chiamato “IN MARE – per chi salva vite umane”, che nel 2007 è stato vinto dal Capitano Vito Cittadino e dal suo equipaggio.
Marco Leopardi – nato a Roma il 10 maggio 1961. Dopo una lunga esperienza nel campo del reportage fotografico, dal 1990 realizza documentari, di carattere naturalistico, geografico, socio-antropologico, curandone la regia e la fotografia. Autore di oltre trenta documentari, che sono stati trasmessi dalla RAI Radiotelevisione Italiana e da emittenti estere. Nel 2006 ha realizzato per la RAI “Oltre la Sbarra”, un documentario sui territori contaminati presso Chernobyl e ha firmato la coregia e la fotografia di un film-documentario di 90 minuti per il National Geographic Channel International (“A Perfect World”). Il suo film “Hair India” è stato selezionato per il festival di Amsterdam nella competizione ufficiale lungometraggi Joris Ivens IDFA 2008.
Marta Zaccaron – nata a Udine il 30 Gennaio 1973, laureata in Ingegneria Gestionale. Si occupa di produzione video e fotogiornalismo. Ho curato la regia per i cortometraggi: “Autogrill, un attimo di sosta” e “Il calore della musica”. Direttore di produzione e co-sceneggiatrice per il mediometraggio: “Quatri cjantons par une francje”, sulla condizione della donna in Carnia. Ha realizzato riprese per un documentario sull’uragano Stan in Guatemala e del documentario “Donne in Corriera” di cui ha curato la regia; reportage fotografici in Palestina, Libano, Guatemala in collaborazione con l’Agenzia Fotogiornalistica Graffiti di Roma, e pubblicato con la stessa il libro “Children of the Holy Land”; ha curato riprese e regia per il documentario Ragpickers, sui bambini ragpickers di Kathmandu (Nepal). Collabora con l’agenzia fotografica Lapresse e con la Quasar Multimedia.
Ludovica Jona – giornalista free-lance, impegnata in questioni relative a rifugiati e richiedenti asilo