- Comunicati Stampa ·
Luogo
Organizzatore
Athenaeum NAE
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065812049Website
https://www.athenaeumnae.it/Data
Ora
Progetto
REGIA: Marco Risi
PRODUZIONE: Angelo Barbagallo e Gianluca Curti – 2008 – Biografico
INTERPRETI: Libero De Rienzo, Valentina Lodovini, Ennio Fantastichini, Michele Riondino, Ernesto Mahieux, Massimiliano Gallo, Salvatore Cantalupo, Gigio Mora, Gianfranco Gallo, Antonio Buonomo, Duccio Camerini, Renato Carpentieri
Sinossi:
Torre Annunziata. Giancarlo Siani, cronista del Mattino di Napoli, aveva compiuto da poco ventisei anni quando, la sera del 23 settembre 1985, è stato ucciso dalla camorra con dieci colpi di pistola sotto la sua casa al Vomero. Il regista Marco Risi racconta gli ultimi quattro mesi della sua vita in cui, seguendo vicende per la cronaca nera, si imbatte nella collusione tra mafia e politica. Nel film, tra politici corrotti, camorristi, carabinieri e poliziotti senza forza, Giancarlo Siani, interpretato da Libero De Rienzo, fa il suo lavoro al Mattino prima nelle pagine di Torre Annunziata, poi nelle prime pagine. Valentina Lodovini è la sua fidanzata e Riondino l’amico Rico.
Giancarlo Siani
Di famiglia borghese, frequentò il liceo classico Giovanbattista Vico, avvicinandosi alla sinistra dei gruppi studenteschi del ’77, per passare a poco dopo a movimenti non violenti. Iscritto all’Università, collaborò con alcuni periodici napoletani, interessandosi alle problematiche del disagio sociale e dell’emarginazione quali principali cause afflusso giovanile alla criminalità organizzata. Svolse analisi sull’evoluzione delinquenziale delle “famiglie” della camorra dapprima sulla rivista Osservatorio sulla camorra di Amato Lamberti e poi come corrispondente da Torre Annunziata sul quotidiano Il Mattino, con inchieste sul contrabbando di sigarette e sull’espansione dell’impero economico del boss locale, Valentino Gionta. Fulcro dei primi e temerari movimenti del fronte anticamorra, promotore di iniziative, firmatario di manifesti di impegno civile e democratico, divenne presto una figura scomoda a Torre Annunziata. Denunciò nei suoi articoli l’infiltrazione della la camorra nella vita politica, regolandone ritmi decisionali ed elezioni. All’indomani della pubblicazione di sul Mattino del 10 giugno 1985 di un articolo sull’arresto del boss Valentino Gionta (attualmente in carcere condannato all’ergastolo) in cui rivelava l’alleanza tra Gionta e Lorenzo Nuvoletta (deceduto), amico e referente campano per la mafia di Totò Riina. Nuvoletta, cui Riina aveva chiesto l’eliminazione di Gionta, per non uccidere un alleato, lo fa arrestare con una soffiata ai carabinieri. Giancarlo venutone a conoscenza ne scrisse sul Mattino, segnando il proprio destino. Lorenzo Nuvoletta, per placare le ire della camorra, con il beneplacito di Riina, decretò la morte di Siani.
L’organizzazione del delitto richiese circa tre mesi, durante i quali Siani continuò con crescente vigore la propria attività di denuncia di camorristi e politici sulle pagine del quotidiano, proprio nel periodo in cui piovono la Campania riceveva i finanziamenti per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 1980. Questa è la verità giudiziaria dimostrata dagli inquirenti otto anni dopo il delitto, con la collaborazione di alcuni pentiti e confermata per tutti gli imputati, con la sola eccezione del boss Valentino Gionta. Ma è assai probabile che dietro l’uccisione di Siani ci fosse molto di più.
Intervista a Marco Risi
Che cosa significa Fortapàsc?
Fortapàsc è un termine volutamente storpiato che evoca il Fort Apache della tradizione western rendendo il senso dell’assedio alla città da parte della malavita. Nello stesso tempo descrive la drammatica situazione partenopea nei giorni dall’assassinio di Giancarlo Siani. Mentre i cronisti vittime della mafia sono stati numerosi, Siani è l’unico giornalista eliminato dalla camorra perché nelle sue coraggiose inchieste per Il Mattino (prima da Torre Annunziata e poi da Napoli) aveva il difetto imperdonabile di informarsi, di verificare le notizie, di indagare sui fatti e di denunciare i misfatti. Ci sono voluti 12 anni e alcuni pentiti per assicurare finalmente alla giustizia i responsabili del delitto attualmente ancora in carcere.
Come e quando ha avuto l’idea di realizzare questo film?
Rimasi molto colpito dall’uccisione di Siani, mi chiesi subito cosa avesse fatto questo ragazzo che vedevo nelle immagini ferito a morte, come sorpreso, sembrava appoggiato come qualcuno che non avesse nulla da nascondere né alcun motivo per proteggersi. Non era una vittima predestinata, e non si aspettava certo di essere colpito all’improvviso. […]
Perché crede che la vicenda Siani sia ancora attuale?
Sappiamo tutti quanto la Campania sia costantemente sotto osservazione per ciò che vi accade. Ma mentre in Gomorra tutto appare disperato, nel nostro caso e nonostante alla fine è la speranza ad essere uccisa, io mi auguro che lo spettatore possa provare il desiderio di somigliare al nostro protagonista. Fortapàsc è per me un film necessario – soprattutto nella Napoli umiliata e offesa di oggi – perché Giancarlo Siani può diventare un raggio di luce, una nuova speranza.
Che cosa le stava a cuore raccontare?
Il film non è una biografia, non intende descrivere un’intera esistenza ma solo gli ultimi quattro mesi della vita di Giancarlo e l’atmosfera in cui è maturata la sua condanna a morte. Sono le ultime settimane di questo ragazzo che, partendo dal “quartiere bene” del Vomero, ogni giorno andava a sporcarsi come un giglio nel fango degli intrallazzi tra politica, corruzione e camorra a Torre Annunziata, regno del boss Valentino Gionta. In una zona dove in quel periodo tutto ruotava intorno agli interessi per la ricostruzione del dopo terremoto, un luogo ancora oggi territorio privilegiato di smistamento della droga. Giancarlo era un ragazzo allegro che amava il suo lavoro e cercava di farlo bene. Mi piaceva descrivere gli aspetti di quella sua vita privata così piena di passione ma anche di leggerezza, ricca di amici, interessi, avventure, donne, fidanzate, ma soprattutto il suo impegno per il lavoro. Non gli interessava fare il giornalista-impiegato, diceva, ma il giornalista-giornalista. Oggi l’Italia, tranne poche eccezioni, è diventata sempre più un Paese di giornalisti-impiegati e Giancarlo Siani si è trasformato in un simbolo per i veri giornalisti che amano il proprio mestiere tanto che a Napoli e dintorni sono state intitolate a suo nome numerose scuole.
C’è stato qualche momento della lavorazione che per lei è stato particolarmente decisivo?
La cosa più emozionante è accaduta una settimana prima dell’inizio riprese quando è stata ritrovata in un agriturismo siciliano la vera Citroën Mehari di Giancarlo. Così abbiamo potuto utilizzare in scena la sua macchina guidata dal nostro protagonista Libero De Rienzo. Un giorno mentre eravamo in una strada del Vomero è passato per caso vicino al nostro set un amico di Giancarlo che ha riconosciuto la macchina e, commuovendosi fino alle lacrime, ci ha detto: «Mi raccomando fatelo bene questo film perché Giancarlo aveva un cuore grande così».
(sintesi da agiscuola.it)