- Comunicati Stampa ·
Luogo
Organizzatore
Athenaeum NAE
Phone
065812049Website
https://www.athenaeumnae.it/Data
Ora
Progetto
Incontro/dibattito con Roberto Faenza.
Regia: Roberto Faenza
Sceneggiatura: Roberto Faenza, Sergio Vecchio, Antonio Tabucchi
Produzione: Portogallo, Italia, Francia – 1995
Interpreti: Marcello Mastroianni, Daniel Auteuil, Stefano Dionisi, Nicoletta Braschi, Joaquim de Almeida, Marthe Keller
Da dieci anni il Portogallo è saldamente nelle mani di Antonio de Oliveira Salazar, grigio professore di economia dell’Università di Coimbra, diventato poi dittatore fascista grazie a un colpo di Stato che aveva rovesciato la fragile repubblica lusitana. Fra i giornalisti che scrivono per il Lisbóa, principale quotidiano della capitale, c’è il dottor Pereira, responsabile della pagina letteraria. Pereira è un uomo ormai anziano, refrattario a qualsiasi coinvolgimento in eventuali ribellioni al regime: unico obiettivo è quello di arrivare alla fine dei suoi giorni nella maniera più serena possibile. Ma le cose per lui iniziano a cambiare grazie alla conoscenza di alcuni personaggi come Cardoso, importante medico di una clinica di Lisbona, intenzionato a fuggire in Francia dove c’è la libertà; e la giovane coppia formata da Francesco Monteiro Rossi, pubblicista di origini italiane e Marta, la sua compagna.
Roberto Faenza
Nato a Torino il 21 febbraio 1943, nel 1965 si diploma in Regia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Laureato in Scienze politiche all’Università di Pavia, ha insegnato Mass Communication presso il Federal City College di Washington. Dal 1978 al 2004 è stato docente di Sociologia della comunicazione presso l’Università di Pisa. Dal 2005 insegna cinematografia alla Sapienza Università di Roma.
Tra le sue pubblicazioni alcuni libri sul tema dei mass media, come Senza chiedere permesso, Tra abbondanza e compromesso, e Fanfan la tivù. Ha inoltre pubblicato due saggi contenenti documenti sui rapporti Italia-Usa ottenuti ricorrendo al Freedom of Information Act, Gli americani in Italia (coautore) e Il Malaffare (di cui fu ostacolata la vendita).
Regista di denuncia sociale e politica, dopo una breve esperienza come documentarista, debutta nel 1968 dirigendo Escalation, film sul consumismo in chiave grottesca, cui seguì H2S, che fu sequestrato dalla magistratura per la violenza di alcune scene. È del 1978 il film di montaggio di spezzoni di documentari sulla situazione politica Forza Italia!, feroce satira dell’Italia del dopoguerra e degli anni del miracolo economico. L’opera fu ritirata dalle sale il giorno del Sequestro Moro, pochi mesi dopo l’uscita, e censurata per oltre quindici anni. Ma Aldo Moro, tra i protagonisti della pellicola, nel suo memoriale, scritto durante la prigionia prima di essere assassinato, suggeriva di vedere proprio quel film per comprendere le vicende politiche italiane.
Costretto a lavorare all’estero, nel 1982 gira a New York Copkiller (L’assassino dei poliziotti), tratto dal romanzo di Hugh Fleetwood, The Order to Death, con Harvey Keitel, Nicole Garcia e Johnny Rotten, leader dei Sex Pistols. Riceve nel 1993 il David di Donatello per miglior regista e poi l’Efebo d’Oro – Premio Internazionale Cinema Narrativa con il film Jona che visse nella balena, dal libro autobiografico di Jona Oberski sulla deportazione un bambino ebreo olandese. Sostiene Pereira, del 1995, è l’ultimo film italiano interpretato da Marcello Mastroianni, tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Tabucchi, cui seguono Marianna Ucrìa, tratto dall’opera di Dacia Maraini e L’amante perduto ispirato a L’amante, di Abraham B. Yehoshua. Del 2004 è Prendimi l’anima, su Sabina Spielrein e il suo innamoramento per Jung. Nel 2005 realizza I giorni dell’abbandono, ispirato all’omonimo romanzo di Elena Ferrante. L’anno successivo esce Alla luce del sole, il suo film sull’assassinio di padre Pino Puglisi per mano di Cosa nostra. Del 2007 è I Viceré, tratto dal romanzo De Roberto, divenuto poi miniserie di due puntate su Rai 1. Altre sue opere cinematografiche sono: Silvio Forever, documentario di spezzoni, realizzato con Filippo Macelloni, su sceneggiatura di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella; il film TV Il delitto di Via Poma, sull’assassino di Simonetta Cesaroni; e, nel 2016, Un giorno questo dolore ti sarà utile, dal romanzo dello scrittore statunitense Peter Cameron; Anita B., tratto dal libro di Edith Bruck Quanta stella c’è nel cielo.
Dal 2004 è Presidente del Festival internazionale per cortometraggi Universo corto.
“SOSTENGO PEREIRA” DISSE MASTROIANNI
Interviste di Maria Pia Fusco, la Repubblica, 26 luglio 1994
«Sono Pereira», disse Mastroianni al telefono e fu come un segnale (non convenuto): aveva letto Sostiene Pereira, si era identificato con lo stanco giornalista rassegnato alla stesura di elogi funebri di scrittori scomparsi, lo avrebbe interpretato. L’ annuncio è stato dato ieri con un incontro, al quale, con Faenza, Vecchio e i produttori, ha partecipato lo scrittore. Il quale è stato il primo a pensare a Mastroianni per il suo Pereira. «Non per l’aspetto fisico, trasandato e obeso, bensì perché è l’attore più capace di comunicare la malinconia, l’umanità, la mitezza, una tenerezza mascherata di prudenza e di riservatezza. Sono sfumature, con le quali Mastroianni si è misurato molto spesso», dice Tabucchi.
Ci sono elementi di attualità, dice Faenza, nel personaggio di Pereira, che nella Lisbona del 1938, soffocata nella dittatura di Salazar mentre è alle porte la furia della guerra civile spagnola e sullo sfondo il fascismo italiano, si è chiuso nella mediocrità di un giornale del pomeriggio, rifugiandosi nel passato.
«C’è un legame con il giornalismo di oggi, che non sa più informare, si limita a offrire i dati e le immagini consentite e previste, ma non comunica più la verità di quello che accade. Attraverso l’incontro con i due giovani, Monteiro Rossi e la sua ragazza Marta, Pereira si rende conto del suo distacco dalla realtà», dice Faenza. E Tabucchi: «Non so se il cinema saprà rendere le intenzioni, ma Pereira inizialmente ha una ripugnanza di ordine estetico nei confronti del regime. Gli danno fastidio i soldati per le strade, le parate, i balli, le feste e tutte quelle cose che le dittature portano con sé. Ho voluto descrivere un percorso attraverso il quale la ripugnanza estetica diventa etica».
Sostiene Pereira sarà girato interamente in Portogallo.
«Sarà molto importante quello che Pereira vedrà nelle strade di Lisbona», dice Faenza, secondo il quale «la dittatura è più negativa per un personaggio come Pereira. Se uno è fascista, si adegua con facilità, ma se non è fascista ed è comunque costretto ad uniformarsi al conformismo dominante, non può che rifugiarsi nel silenzio, nel dialogo con la moglie morta e nei romanzi dell’Ottocento».
Antonio Tabucchi, nato a Pisa, classe 1943, è amatissimo in Portogallo, non solo per l’attenta e bellissima traduzione dell’opera di Pessoa, ma anche perché nei suoi lunghi soggiorni ha assorbito le atmosfere e gli umori della cultura portoghese, restituendola spesso nei suoi romanzi. Il primo paese a tradurre Sostiene Pereira è stato il Portogallo, che lo ha accolto con molti consensi.
Anzi, dice lo scrittore, «ha assunto un valore didattico. In Portogallo ci sono stati 50 anni di dittatura, il più lungo regime d’ Europa. Se ne sono liberati nel 1974, ma anche lì la memoria è fragile, chi è nato negli anni Settanta non sa nulla. Il libro serve a ricordare, per i giovani è una scoperta».
«È significativo che in tutto il Portogallo non siamo riusciti a trovare neanche un’uniforme del periodo di Salazar», dice Faenza. È da tempo che il regista cerca le sue storie nella letteratura, «perché oggi il cinema ha bisogno di certezze e gli scrittori sono più bravi nel costruire storie e personaggi. Un libro ha già una dimensione, che ti permette di capire se vale la pena o no di un racconto per lo schermo».
«Dei diritti dei libri in genere si occupa un agente, non io», dice Tabucchi, «Questo caso è stato diverso. Faenza mi ha cercato, siamo andati a pranzo. È un autore che conosco e stimo e ho sentito una tale volontà, entusiasmo e affetto per il libro che mi è sembrato opportuno darglielo. Ho investito molto amore in Pereira, dovevo affidarlo a qualcuno che lo amasse». Il cinema ama Tabucchi – «Forse perché a me piace raccontare storie con personaggi che parlano di se stessi e non di me, anche se io ci sono comunque» – e Tabucchi ricambia: «Lo amo da spettatore. Avevo uno zio cinefilo e le prime emozioni me le ha date il cinema, la lettura è venuta più tardi, a 13, 14 anni. Emozioni con Tarzan, ma anche dal neorealismo». Nel rapporto con i film dai suoi libri, Tabucchi pensa come Moravia: «È sempre una traduzione, un altro linguaggio, non mi aspetto nessuna fedeltà. Un libro è un deposito di suggestioni e di immagini che ogni lettore usa come vuole. E ogni lettura diversa è sempre un arricchimento».