Luogo

Casa del Cinema di Roma
L.go Marcello Mastroianni, 1 - Roma
Categoria
Athenaeum NAE

Organizzatore

Athenaeum NAE
Phone
065812049
Email
info@athenaeumnae.com
Website
https://www.athenaeumnae.it/

Data

17 Feb 2014

Ora

9:30

Progetto

Con gli occhi del cinema

Lunedì 17 febbraio 2014, ore 9.30: proiezione del film “Vado a scuola” di Pascal Plisson e successivo incontro con il professor Marco Rossi Doria, Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Regia: Pascal Plisson
Produzione: Francia, Cina, Sudafrica, Brasile, Colombia – 2013 – Documentario
Interpreti: Jackson Saikong, Salome Saikong, Samuel J. Esther, Gabriel J. Esther, Emmanuel J. Esther, Zahira Badi, Noura Azaggagh, Zineb Elkabli, Carlito Janez, Micaela Janez

Già insignito del logo Unesco e acquistato per l’Italia da Academy Two, narra la toccante storia di quattro bambini, provenienti da angoli del pianeta differenti, ma uniti dalla stessa sete di conoscenza. Dalle savane pericolose del Kenya, ai sentieri tortuosi delle montagne dell’Atlante in Marocco, dal caldo soffocante del sud dell’India, ai vertiginosi altopiani della Patagonia, questi bambini sono uniti dalla stessa ricerca, dallo stesso sogno. Quasi istintivamente sanno che il loro benessere, anzi la loro sopravvivenza, dipenderà dalla conoscenza e dall’istruzione scolastica. Quattro destini che si intrecciano, quattro storie piene di speranza, accomunate da una incrollabile fiducia sul futuro e da una contagiosa joie de vivre.

Il film racconta di Jackson 10 anni, che abita in Kenya e percorre, mattina e sera, quindici chilometri in mezzo alla savana e agli animali selvaggi e di Zahira 11 anni, che vive nelle aspre montagne dell’Atlante marocchino e che percorre una giornata di faticoso cammino per raggiungere la scuola con le sue due amiche. Il film segue Samuel, 11 anni, che ogni giorno viaggia in India per otto chilometri, anche se non ha l’uso delle gambe, spinto nella sua carrozzina dai due fratelli minori e Carlito, 11 anni, che attraversa le pianure della Patagonia per oltre venticinque chilometri, portando con se la sua sorellina. Il film di Pascal Plisson racconta il viaggio di iniziazione che cambierà le loro vite per sempre.

Il Regista

Grande appassionato di Africa, il regista Pascal Plisson vi ha trascorso più di 15 anni realizzando documentari sugli animali per «National Geographic», la BBC e Canal+ come «Elephant Family: Bonds for Life» e «Cheetahs: Fast and Furious»; ha inoltre diretto il primo film interamente girato in lingua kiswahili dal titolo «Massaï, les guerriers de la pluie».

Estratti da interviste con il regista Pascal Lisson

Vado a scuola nasce da un incontro straordinario che mi ha commosso profondamente. Ero nel Nord del Kenya alla ricerca di luoghi per un film sulla natura. Ho intravisto alcune strane forme in lontananza. Camminavano dritti verso di noi e quando si sono avvicinati mi sono accorto che erano tre giovani guerrieri Masai. Mi hanno spiegato che avevano lasciato la casa prima dell’alba e che avevano corso due ore per raggiungere la scuola. Questi giovani Masai hanno rinunciato ad esser guerrieri pur di studiare. Volevo fare un film su questi bambini.

A Parigi ho contatto la Disney, la quale si è subito innamorata del progetto.

Abbiamo ottenuto il sostegno dell’Unesco e di Aide et Action, un’organizzazione internazionale che lavora per l’istruzione. Ci siamo informati su chi erano gli alunni che affrontavano i viaggi più difficili per raggiungere la scuola.

Ho impiegato sei mesi per trovare le storie da raccontare. Avevamo a disposizione una quarantina di storie che andavano dalla Russia, alla Cina, in Groenlandia… A febbraio 2012 abbiamo iniziato a girare in Kenya, poi in India, in Marocco e verso ottobre in Argentina.  Per ogni bambino abbiamo girato durante dodici giorni. La fase di montaggio è stata di sedici settimane – non è stato facile intrecciare i racconti dei bambini. Non volevo dare un’immagine parallela di ogni storia, fare un film catalogo. In tutto il progetto è durato tre anni.

Eravamo in tre. Due videocamere – una che prendevo io di tanto in tanto – e un ingegnere del suono. Abbiamo ingaggiato una decina di persone locali che trasportavano il nostro materiale su delle mule.

Questi bambini non sono attori, volevo che continuassero a vivere la loro vita come al solito. Era importante che rimanessero se stessi nonostante la nostra presenza. Ho anche fatto il viaggio a scuola con ciascuno di loro diverse volte, così ho potuto veramente capire com’era, cosa succedeva durante il cammino. I bambini non avevano mai visto una macchina fotografica o una troupe cinematografica. L’unica cosa che ho chiesto loro è stata di non guardare nella fotocamera. Ho voluto che si comportassero con naturalezza, li lasciavo percorrere il loro cammino verso la scuola liberamente e mi posizionavo sulla strada per filmarli.

Sono rimasti estremamente naturali. Ciò che vedete nel film è in concreto un rito che ripetono ogni giorno. La benedizione dei genitori e la lunga strada che gli porta a scuola. Conoscevo ogni sasso che calpestavano, ogni collina che varcavano, ogni possibile ostacolo che poteva presentarsi –  come le giraffe o gli elefanti in Kenya – io mi trovavo sempre davanti a loro e l’unica restrizione che gli chiesi era di non guardare la telecamera, anche se ogni tanto si percepisce un sorriso o uno sguardo complice.

Il tempo a disposizione è stato ben articolato in un piano di lavoro rigoroso che seguiva di pari passo la loro quotidianità. Mi sono impegnato a non mostrar loro delle immagini. Ho commesso l’errore una volta in Kenya e mi sono reco conto che cambiava la loro attitudine.

Non è possibile immergersi in questo tipo di progetto e poi lasciare le persone che hai incontrato dove le hai trovate come se niente fosse. Sono ancora in contatto con i bambini. Abbiamo acquistato una sedia a rotelle per Samuel più adatta alle sue esigenze. I bisogni di Carlito e Zahira sono diversi e abbiamo lavorato con le scuole e con le organizzazioni che li supportano.

Ogni bambino deve essere aiutato a sviluppare il proprio potenziale, sia che viva in un angolo sperduto del pianeta, sia nelle nostre città.